Cinismo e arrivismo non servono per fare carriera. Al contrario gentilezza, empatia e spirito collaborativo sono le chiavi del successo nel lavoro. Strano? Eppure è quanto emerge da uno studio dell’Università della California a Berkeley e pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences con il titolo di “People with disagreeable personalities (selfish, combative, and manipulative) do not have an advantage in pursuing power at work“.
Freddezza, calcolo, cinismo, distacco e spirito calcolatore non sono gli strumenti adatti per scalare le gerarchie aziendali. Al contrario in alto arrivano le persone estroverse, empatiche e tali da creare distesi rapporti interpesonali.
I ricercatori USA sono partiti dai 5 tratti della personalità individuati dalla teoria psicologica dei Big Five, e si sono in particolare sofferma sul binomio gradevolezza / sgradevolezza delle persone che hanno raggiunto ruoli apicali nel corso dei 14 anni durante i quali sono stati sottoposti i questionari. Le persone gradevoli sono cooperative, empatiche, affabili e collaborative, al contrario quelle sgradevoli sono egoisti, freddi, duri e insensibili.
I due tratti sono stati poi messi in relazione col prestigio sociale, il potere in azienda e la condizione economica raggiunta all’interno delle organizzazioni aziendali indagate. E – sorpresa! – chi è duro, ostile e competitivo non fa più carriera di chi è cordiale e collaborativo.
È la rivincita dei buoni? In qualche senso sì. Buoni nel senso di assertivi, empatici, aperti, sinceri e generosi, in contrapposizione all’idea che vuole i manager e i capi duri, impositivi, freddi e inavvicinabili. Ma attenzione: non è che i duri egoisti non arrivino affatto ai ruoli apicali. Ci arrivano anche loro, e spesso il loro comportamento può essere distruttivo nei confronti di colleghi, collaboratori e dell’azienda nel suo complesso.