Il 21% dei dipendenti perde almeno 1 ora al giorno a farsi gli affari propri su Internet: organizzare le vacanze, leggere la Gazzetta, chattare su Facebook e chissà cos’altro in quella miniera sconfinata di distrazioni che è la Rete. E non è finita, perché il 24% dei dipendenti ammette candidamente di perdere sempre 1 ora al giorno tra mail, messaggi e telefonate, non sempre lavorative (anzi).
Lo dice una ricerca di CareerBuilder, condotta su un campione di 2138 imprenditori e 3022 dipendenti americani all’inizio del 2014 (qui l’infografica). La stessa indagine dice anche che il 73% degli imprenditorri le prova tutte pur di contrastare la sindrome del Wilfing (acronimo di What Was I Looking For?, ovvero quel vagare online senza meta per tornare poi ai propri impegni): bloccare l’accesso ad alcuni siti Web, tenere sotto controllo le mail, vietare le chiamate personali e molto altro ancora.
Quello che ancora non sanno questi datori di lavoro è che perdere tempo è un’arte (come titola un interessante articolo pubblicato da Oliver Burkeman su Internazionale): secondo uno studio condotto dalla ricercatrice Erin Reid il 31 per cento degli uomini e l’11 per cento delle donne trovano il modo per “dare l’impressione” di essere stacanovisti ma in realtà si imbosca e non fa nulla (o quasi). E la cosa incredibile è che non se ne accorge nessuno. Anzi, ai fini della carriera è molto più proficuo fingere di lavorare che chiedere una riduzione del carico (lo dice sempre la ricercatrice americana).
È proprio questo il motivo del successo del solitario di Microsoft e dei numerosi siti che suggeriscono tecniche per perdere tempo proficuamente.
C’è chi propone di fare qualcosa di non strettamente lavorativo ma comunque vagamente utile (cancellare la posta inutile, organizzare l’agenda, prendere appuntamenti o seguire qualche tutorial online) e chi invece suggerisce attività di pura perdita di tempo come compilare liste inutili (come wikihow) o usare tool come Magic Boss che nasconde immediatamente tutte le finestre imbarazzanti aperte sul computer o Idle Keyboard (che riproduce i suoni della tastiera) mentre allegramente e senza nessun senso di colpa stiamo curiosando intensamente su Facebook.
Del resto, come scrive sempre Oliver Burkeman:
i clienti e i superiori delle persone che fingevano apprezzavano la loro performance quanto quella di tutti gli altri, quindi è chiaro che lavorare un po’ di meno non ha un grande peso per i piani alti.
In poche parole, se i superiori volessero, potrebbero favorire una cultura del lavoro più umana senza sacrificare il rendimento. Quelli che continuano a imporre orari impossibili meritano di essere ingannati.
Non ha totalmente ragione?