Fatta la legge, trovato l’inganno. O, in tempi di pandemia, ecco le scuse da smart working a cui nessuno crede più. Già, perché con la pandemia il lavoro da remoto, da casa, agile o in smart che dir si voglia è diventato praticamente la normalità per la stragrande maggioranza dei lavori impiegatizi (per l’Osservatorio Smart …
Fatta la legge, trovato l’inganno. O, in tempi di pandemia, ecco le scuse da smart working a cui nessuno crede più. Già, perché con la pandemia il lavoro da remoto, da casa, agile o in smart che dir si voglia è diventato praticamente la normalità per la stragrande maggioranza dei lavori impiegatizi (per l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano in 1 anno di pandemia sono stati 6,68 i milioni di lavoratori che hanno sperimentato qualche forma di lavoro da remoto). E come c’erano tattiche e strategie per “imboscarsi” in ufficio e scansare il lavoro, c’è voluto poco perché tutto ciò accadesse anche in smart. Come rilevano i dati di un sondaggio condotto tra la Instagram community di Wiko che ha indagato sulle scuse più comuni (e alle quali ormai nessuno crede più).
Al primo posto, ovviamente, la connessione Internet che va a rilento e non ci permette di lavorare e/o partecipare al meeting (66%). Poi c’è il microfono muto (67%) quando non si vuole intervenire in una discussione, i rumori di fondo che disturbano la call (per il 57% son sempre degli altri, e per il 43% di vicini, figli e famigliari). Il 24% addirittura dà la colpa ai corrieri, che citofonano sempre quando non è il momento e inducono a ritardare l’ingresso nella call. La cosa divertente è che il 43% dei rispondenti ha detto di aver fatto ricorso almeno una volta ad almeno una di queste scuse, ma l’86% addirittura a due o più di esse. Purtroppo però bisogna registrare anche gli aspetti deteriori dello smart working, come per esempio l’aver dilatato il tempo di lavoro da remoto ben oltre le ore di lavoro ufficiali: anche per questo il 43% di chi ha risposto alla survey ammette che queste scuse sono anche un modo per giustificarsi e difendersi quando non riesce a tenere il ritmo del lavoro da remoto. Molto più giustificabile invece quel 72% di smart workers che tiene spenta la videocamera per non farsi vedere in tuta o peggio in pigiama (il che in realtà è uno dei peccati nascosti ma comunque, così facendo, riduce il consumo energetico e fa del bene al pianeta).