Ci sono molte cose che possono farti licenziare subito. E non parliamo delle cause strutturali come il periodo di crisi, la contrazione degli affari dell’azienda o altri motivi che in qualche modo possono essere mitigati dgali ammortizzatori sociali. Parliamo proprio di valide motivazioni per il licenziamento immediato del lavoratore, stabilite in modo tassativo dalla legge …
Ci sono molte cose che possono farti licenziare subito. E non parliamo delle cause strutturali come il periodo di crisi, la contrazione degli affari dell’azienda o altri motivi che in qualche modo possono essere mitigati dgali ammortizzatori sociali. Parliamo proprio di valide motivazioni per il licenziamento immediato del lavoratore, stabilite in modo tassativo dalla legge e dai contratti di lavoro, che spesso sono poco conosciute e che però possono portare a rescindere il contratto di lavoro con addebito totale a carico del lavoratore.
Per legge, e da contratto, non c’è l’obbligo di fare gli straordinari. Poi però ci sono le sentenze della Cassazione, che a volte possono aprire scenari inaspettati. Come quella secondo la quale l’opposizione allo svolgimento degli straordinari, regolarmente e congruentemente retribuiti con maggiorazione, in determinati casi di necessità, può portare al licenziamento. E lo stesso vale nel caso in cui parte sostanziale del lavoro sia l’effettuare trasferte, da quelle all’estero a quelle verso clienti posti in altre località, e ci sia un rifiuto ripetuto totale del lavoratore anche davanti a specifiche esigenze.
L’uso o la sottrazione di strumenti e beni aziendali per uso personale è per legge considerato motivo di licenziamento per giusta causa. In teoria anche comportamenti dal minimo impatto economico, come sottrarre una penna BIC o fare una fotocopia per uso personale, lo potrebbero essere, benché non si abbiano notizie di licenziamenti per giusta causa a fronte di questi comportamenti. Però usare il carburante pagato dall’azienda per fini propri, abusare del telefono aziendale per telefonate personali, e in generale usare qualunque bene o servizio messo a disposizione dall’azienda per finalità che non hanno a che fare con il proprio lavoro può portare al licenziamento.
Quello della concorrenza sleale è un ambito molto vasto e variegato. Chiaramente fornire informazioni sensibili ad aziende concorrenti o clienti è concorrenza sleale, ed è motivo di licenziamento in tronco. Ma anche svolgere lavori al di fuori del proprio orario di lavoro (per esempio la sera, o nei weekend, o durante le ferie, il che non è necessariamente vietato) lo può essere se in conflitto e in concorrenza con il business aziendale. Da questo ambito è ovviamente e fortunatamente escluso il mettere le proprie competenze professionali a disposizione di associazioni di volontariato, onlus, ong, e in generale il terzo settore, senza fini di lucro.
Comunicare tempestivamente la propria assenza, per malattia o altri impedimenti, è tra i doveri di ogni lavoratore, e assentarsi senza preavviso, per più giorni, causando contrattempi al regolare svolgimento delle attività aziendali, è a tutti gli effetti causa di licenziamento per giusta causa. E, conseguenza o meno di questo, lo è anche lo scarso rendimento, che in termini legali viene chiamato inattività. Può essere causata dalle reiterate assenze ma anche da prestazioni che per produttività si pongono al di sotto della media dei colleghi o dello stesso settore: non è mai facile dimostrare questo, però laddove sia possibile anche questa è una causa di licenziamento.
Non ci sarebbe nemmeno bisogno di spiegare perché l’insubordinazione è motivo di licenziamento per giusta causa. Però è bene fare dei distinguo: una litigata occasionale non è insubordinazione e non è motivo di giusta causa, ma non rispettare orari, scadenze, compiti e responsabilità invece lo è, così come disattendere le disposizioni gerarchiche e ogni altro comportamento che, ripetuto e reiterato, mina la catena di responsabilità e comando. In questa categoria, è bene specificarlo, rientrano anche comportamenti come gli accessi a social network e siti Internet che nulla hanno a che fare con il lavoro e che rappresentano a tutti gli effetti un’assenza dal lavoro.
Vale la premessa di prima: una espressione irriguardosa che sfugge occasionalmente in un contesto di particolare tensione, come può essere una discussione per motivi di lavoro, non è sufficiente per essere licenziati in tronco. Ma screditare l’azienda, il management o i colleghi, anche per mezzo dei social network, invece lo può essere nella misura in cui si travalica il diritto di critica. Per cui attenzione a cosa si scrive, e cosa si posta, sui propri profili social personali.