Sei anche tu uno slash worker?

Gli slash worker affiancano lavori diversi, spesso inconciliabili, e sono il nuovo modo di lavorare agile, nomade e flessibile

Sei anche tu uno slash worker?

Si chiamano slash worker e sono gli accumulatori seriali di lavori, mansioni e competenze. Spesso difficilmente conciliabili tra loro. Tutti conosciamo qualche architetto che fa anche il personal trainer e il trader online. O l’avvocato che è diventato life-coach e gestisce un B&B. O un social media manager che si è evoluto in organizzatore di eventi e ha un truck di street food. Insomma, prendiamo un po’ di nuove professioni fluide, mischiamole con qualche vecchia competenza e titolo, sovrapponiamo a sandwich ed ecco uno slash worker. E non è solo per esigenza, cioè per resistere anche, se non soprattutto, allo tsunami del Coronavirus. È proprio una scelta di vita, o di vita professionale. Lo dice una ricerca condotta da ACTA su un campione di 900 freelance italiani, lo dicono i dati Eurostat, lo dice l’esperienza comune: per i millenial il mito del posto fisso è definitivamente tramontato, ed è sorto un nuovo paradigma professionale di identità fluide, plurime, sovrapposte e solo apparentemente inconciliabili tra loro.


È la società liquida, o fluida, di cui si è molto parlato negli ultimi anni, che dai millenial si espande anche alle generazioni attigue, con lavoratori della Generazione X che all’alba dei 50 anni staccano un po’ il piede dall’acceleratore della carriera, lasciano il posto fisso, si danno alla consulenza e intanto affiancano un’altra attività, spesso il sogno o la passione sopita di una vita.


Il salto non è solo professionale e formale ma è soprattutto mentale: lavori diversi da gestire nella stessa giornata significano un approccio più elastico, il desiderio di scoperta e formazione continua, un nuovo senso di realizzazione, più personale e meno legato all’azienda. Certo la flessibilità è anche una risposta all’incertezza, una specie di tattica dei vasi comunicanti per cui cala un lavoro e ci si dedica di più a un altro. Ma soprattutto è trasformare la precarietà in opportunità, e il lavoro in realizzazione e work-life balance. Perché in tutto questo giocano un ruolo enorme le nuove modalità agile e smart di lavorare: il nomadismo digitale, la scomparsa del luogo fisico di lavoro, la diffusione dei co-working, l’utilizzo pervasivo delle nuove tecnologie digitali. Per molti siamo già nell’era ATAWAD, acronimo che significa AnyTime AnyWhere AnyDevice: la cavalcano gli slash worker, la interpretano le aziende, almeno quelle più all’avanguardia, con percorsi diversificati e stimolanti per i propri talenti oppure ingaggiando freelance in grado di portare nuove competenze in azienda e contrastare l’obsolescenza di quelle dei dipendenti a tempo indeterminato.


Insomma, gli slash worker sono la manifestazione di un nuovo profilo professionale fatto di competenze multiple, ibride e sovrapposte, di flessibilità, creatività e innovazione, ma anche di precarietà e pochi legami: chi si sente già uno slash worker? E chi invece ha timore di questa mutazione professionale?