Imparare a delegare è la via per la crescita dell’azienda. Ma riuscire a delegare è anche una delle cose più difficili da fare, all’interno di un’organizzazione: l’idea che nessuno sappia fare quel compito altrettanto bene, l’idea che certe decisioni non possano essere lasciate ad altri, l’idea di dover e voler controllare tutto, sempre e comunque sono le prime e più evidenti barriere che impediscono di delegare compiti e responsabilità. Ma parimenti dovrebbe essere abbastanza chiaro anche il fatto che il tempo, e le energie, a disposizione sono limitate e che man mano che il business cresce è necessario lasciar perdere alcuni compiti e riservare le proprie energie migliori solo per quelli veramente strategici. Ma come imparare a delegare? Attraverso un processo lungo e articolato che richiede un profondo cambiamento di mindset.
Come imparare a delegare
Banalmente, delegare non significa dire “fai tu”, salvo poi rendersi conto che il risultato non rispetta le proprie aspettative. Imparare a delegare significa impostare un metodo di lavoro che pervade l’intera organizzazione aziendale e che prevede un certo livello di tolleranza rispetto al modo in cui sono fatte alcune cose. Vediamo in concreto.
1. Decidere cosa delegare e cosa no
Ci sono attività strategiche, da non delegare, e ci sono attività routinarie, la cui operatività può essere lasciata a un collaboratore: non è necessario impiegare ore a “fare” un report, è molto più importante impiegare quelle stesse ore a “interpretare” quel report.
2. Decidere chi dovrà occuparsi di cosa
Se un compito non è così strategico da richiedere sempre la propria attenzione e presenza, è il candidato migliore a essere lasciato definitivamente a un collaboratore. Un collaboratore, non ai collaboratori: bisogna identificarne uno, adatto per competenze e affidabilità, e lasciare a lui il compito di svolgere quel compito (“fare” il report).
3. Spiegare come andrà fatto il lavoro
Non basta comunicare il compito da svolgere (occupati tu di quel report) ma occorre spiegare come deve essere fatto: nessuno lo farà esattamente come lo faremmo noi ma si possono fissare dei punti chiave inderogabili e poi avere un minimo di tolleranza sul resto. Bisogna guardare il macro, e tralasciare il micro.
4. Dire chiaramente entro quando svolgere quel compito
Ovviamente le tempistiche non riguardano la delega sulle decisioni, ma sull’operatività il quando vale quanto il cosa e il come. Compiti precisi, istruzioni precise, scadenze precise. Essere precisi significa avere chiaro l’obiettivo e il modo per raggiungerlo, e di conseguenza saperlo anche spiegare.
5. Supervisionare, non controllare
Il controllo minuzioso è l’antitesi della delega. Delegare significa supervisionare senza entrare nel dettaglio. Nel caso del report può significare chiedere informazioni su un paio di dati cruciali prima della consegna del report senza però entrare in ogni dettaglio di ciò che stanno preparando per noi.
6. Insegnare, non correggere
Delegare significa insegnare a fare, passare informazioni cruciali per portare a termine quel compito, ma non significa intervenire a correggere ogni cosa che noi avremmo fatto diversamente. Conta l’obiettivo e relativamente meno il processo. E sì, insegnare richiede tempo, che all’inizio sembrerà perso o mal utilizzato ma poi verrà riguadagnato con gli interessi.
7. Dare un feedback
Anche un grazie sarebbe benvenuto, ma soprattutto un feedback su come è stato svolto il compito, sulla bontà o meno delle azioni intraprese in autonomia, su cosa andrebbe migliorato e su cosa invece noi per primi non avevamo considerato. Insomma, delegare è un processo continuo che si migliora nel tempo.