Generazione Z al lavoro: la priorità è la “well-being culture”
La well-being culture sta diventando sempre più importante per le scelte professionali della Generazione Z
I segnali c’erano già stati tutti, a cominciare dal fenomeno della Great Resignation che sta caratterizzando questi primi mesi post pandemici: la “well-being culture” è sempre più un fattore discriminante nella scelta di un luogo o percorso di lavoro. E la grande sfida delle risorse umane in un panorama del lavoro sempre più flessibile e liquido sta diventando quella di garantire il benessere dei propri dipendenti a 360°. Perché chi sta bene lavora meglio, produce di più ed è più soddisfatto.
Per le generazioni più giovani che si affacciano al mondo del lavoro è finita l’epoca degli incentivi materiali ed economici. In particolare secondo una recente ricerca Paychex – Future Workplace, il 67% della Gen Z ritiene prioritarie politiche di incentivazione del benessere da parte delle aziende. Per i figli della Generazione X e nipoti dei Baby Boomers si profila quindi un autentico cambio di paradigma, con il benessere e l’equilibrio tra vita professionale e vita privata sempre più centrali nelle scelte di carriera.
Un approccio al mondo del lavoro che sta modificando anche le politiche di talent attraction da parte delle risorse umane. Lo conferma la recente ricerca della Guardian Life Insurance Company of America “Mind, Body and Wallet” secondo la quale la “well-being culture” è ormai al 4° posto tra le priorità degli uffici HR. Basti pensare che nel 2016 solo il 15% delle aziende considerava il supporto psicologico come un benefiti aziendale e nel 2021, complice anche la pandemia, ora la percentuale è salita al 35%.
Smart working, digitalizzazione, hot desking, great resignation e ora “well-being culture” sono tutte tessere del puzzle delle dinamiche di un lavoro che sta cambiando velocemente come mai prima d’ora.