I lavoratori italiani sono sempre più smart: gli smart worker in Italia, nel 2019, sono 570mila, in crescita del 20% rispetto al 2018. Lo dice una ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano presentata al Campus Bovisa di Milano durante l’ottava edizione degli ‘Smart Working Award’, l’iniziativa che premia le organizzazioni che hanno realizzato iniziative di riprogettazione dello spazio e delle modalità di lavoro in ottica smart.
Smart working: i numeri in Italia
I 570mila smart worker italiani si distribuiscono tra grandi imprese (il 58% ha già avviato progetti di smart working, il 7% sta sperimentando con iniziative spot, il 5% ha in mente di farlo a breve, il 22% lo ritiene possibile ma non immediato e l’8% non ha alcun interesse a farlo), PMI (il 12% ha politiche di smart working, in crescita rispetto all’8% del 2018, il 18% lo usa in modo informale, ma anche il 51% non ha nessun interesse al lavoro smart) e PA. Ed è proprio nella Pubblica Amministrazione che si nota la crescita più significativa di ricorso al lavoro agile: dal 2018 al 2019 i progetti strutturati di smart working sono raddoppiati (dall’8% al 16%), il 7% delle PA ha attivato iniziative informali (rispetto all’1% del 2018) e il 6% le attiverà nei prossimi 12 mesi. Tuttavia il 40% delle PA non ha programmi di smart working e, tra chi li ha, questi riguardano solo il 12% dei dipendenti, di poco sopra alla soglia minima del 10% fissato dalla direttiva Madia in termini di smart working nella PA.
Smart working: cos’è
Si dice smart working, si traduce in lavoro agile, flessibile o intelligente, e di fatto è il superamento della logica delle ore da passare in ufficio: il lavoro smart significa focalizzarsi sul raggiungimento degli obiettivi indipendentemente dal luogo e dal tempo di lavoro, e implica non solo la possibilità di lavorare da casa, che è l’idea più immediata e banale che si ha dello smart working, ma un ripensamento complessivo degli spazi di lavoro e un nuovo patto tra azienda e lavoratore basato sulla fiducia, la collaborazione e la condivisione degli obiettivi. E laddove è stato sperimentato, funziona.
Smart working: i benefici
I benefici dello smart working non riguardano solo i lavoratori ma investono anche le aziende. Certo ci sono un miglioramento del work life balance (lo dice il 46% degli interessati) e una maggior motivazione dei lavoratori (35%) ma anche un aumento della produttività, nonostante alcuni punti critici ancora da sciogliere. Tra questi la difficoltà nel gestire le urgenze (per il 34% dei manager), nell’utilizzare le tecnologie (32% di lavoratori e manager), nel pianificare le attività (26%), la percezione di solitudine (35% dei lavoratori), le distrazioni (21%), i problemi di comunicazione e collaborazione virtuale (11%) e la barriera tecnologica (11%). Tuttavia gli smart worker dichiarano un livello di soddisfazione e coinvolgimento nel proprio lavoro molto più elevato di coloro che lavorano in modalità tradizionale: il 76% si definisce soddisfatto della sua professione, contro il 55% degli altri dipendenti; uno su tre si sente pienamente coinvolto nella realtà in cui opera e ne condivide valori, obiettivi e priorità, contro il 21% dei colleghi.