Riunioni, riunioni e riunioni. C’è gente che di lavoro fa riunioni. E il ricorso allo smart working come conseguenza della pandemia da Coronavirus non ha fatto altro che moltiplicare le riunioni. Perché se prima bastava alzarsi dalla scrivania e andare direttamente dal capo o dal collega, ora che siamo tutti da remoto bisogna fissare la call. E quando fissi la call finisce sempre che bisogna coinvolgere qualcun’altro. E quello che era uno scambio di idee diventa una riunione. Dalla quale il più delle volte si esce chiedendosi se le riunioni servono davvero. Perché diciamoci la verità, spesso le riunioni di lavoro finiscono come un pareggio a reti inviolate: un nulla di fatto. E non è solo una sensazione: secondo recenti studi almeno il 15% del tempo di una riunione è letteralmente perso, per un costo di decine e decine di miliardi di dollari. E quando ci si alza dalla poltrona (o si chiude la videochiamata) senza aver preso una decisione il tempo (e il denaro) perso sono il 100%.
Perché questo dovrebbe essere una riunione: un momento di decision making. Si entra con un problema e si esce con una decisione (se non proprio una soluzione). E invece spesso si entra in riunione senza un problema e se ne esce con almeno uno per cui nessuno conosce la soluzione.
Ma perché questo accade? Per almeno 3 motivi.
Il primo è che il meeting non è stato ben preparato. Il più delle volte la storia è “abbiamo riunione con il capo“, oppure “facciamo una riunione e ne parliamo“. Ma una vera riunione da decision making deve essere preparata: pochi precisi punti da smarcare, tempo di discussione assegnato e tassativo (basta un cronometro con un alert o un campanellino) e ben chiare le persone che devono fare sintesi e prendere una decisione.
Altra questione cruciale del preparare la riunione: chi vi partecipa? Allargare sempre a tutti è quanto di più sbagliato. Solo le persone essenziali, solo quelle che possono portare un vero contributo o prendere una vera decisione. Alle altre si relaziona.
La prova del 9 è chiedersi se sia proprio necessario fare quella riunione: se anche un solo dubbio ti lascia pensare che no, si possono prendere le decisioni anche in altro modo o no, se ne può discutere anche in altro modo (in pausa caffè, durante un viaggio, in pausa pranzo, per restare a esempi del lavoro pre-Covid) allora la riunione è inutile.
Secondo motivo: le persone fanno altro. Che è la conseguenza del punto primo: troppe persone, non tutte interessate, non tutte con un contributo, non tutte che possono prendere decisioni, e il risultato è guardare Facebook sullo smartphone fingendo di parlare coi clienti. Ma anche mandare mail di lavoro o svolgere compiti di lavoro è un segnale che a quella riunione era meglio non partecipare. Del resto il 92% delle persone ammette di distrarsi e fare altro durante le riunioni. Quindi il problema è enorme. La soluzione? Il punto 1: poche persone selezionate, pochi punti selezionati, tempo prefissato per discutere e decidere. All’inizio non è facile poi diventa un metodo. Un metodo che funziona.
Terzo motivo: si parla ma non si scrive. Ma verba volant scripta manent dicevano i latini, e hanno ragione ancora oggi. Scrivere i punti della riunione ma soprattutto scrivere le decisioni prese. Cosicché quando ci si alza e si torna alle proprie mansioni si abbia ben chiaro, nero su bianco, di cosa si è discusso e che cosa si è deciso. Il dado è tratto, e la direzione presa.
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