Nella cosiddetta e attuale economia della conoscenza uno degli asset fondamentali del capitale di un’azienda sono le competenze dei propri dipendenti. E perdere i collaboratori più bravi è un costo aziendale enorme, sul breve come sul lungo termine.
Ecco perché i responsabili delle risorse umane sono sempre molto interessati alle politiche di incentive rivolte ai lavoratori: un dipendente motivato e felice è un dipendente che lavora meglio, produce di più e crea più valore aggiunto per la propria azienda.
Ma mentre molte compagnie si rivolgono a beni materiali (servizi di manutenzione dell’auto, benefits come il cellulare aziendale, plus come il centro fitness o l’asilo aziendale, o ancora premi in denaro o in beni a fine anno, in funzione dei risultati raggiunti) a Google, ancora una volta, ragionano in modo diverso.
Secondo Laszlo Bock, “SVP of Google’s People Operations” (ovvero il capo del personale “responsible for attracting, developing, retaining, and delighting “Googlers.” secondo la sua descrizione su Linkedin”) i modi per fidelizzare i dipendenti più bravi sono solo 2, e non hanno a che fare con il valore economico delle politiche di incentivazione.
1. La qualità della gente che lavora in azienda
Per questo sono fondamentali le politiche e le strategie di assunzione: ogni candidato all’assunzione in Google, per qualsiasi funzione, è vagliato non solo dalle risorse umane ma anche dal suo possibile capo, dai suoi possibili colleghi e infine nientemeno che da Larry Page, il CEO di Google.
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2. La sensazione che il proprio lavoro abbia un senso
“La gente vuole fare molto di più che semplicemente portare a casa un salario, la gente vuole lavorare per un obiettivo che abbia senso”: lo ha dichiarato a Stephanie Ruhle di Bloomberg, citando le ricerche del professor Adam Grant secondo il quale le persone che lavorano per un obiettivo che abbia un senso sono anche più produttive.
Sarà anche per questo che da anni Google è – nell’opinione di dipendenti e competitors – la miglior azienda al mondo?