Per le aziende il lavoro agile sta ormai diventando parte integrante della strategia di Work-Life Balance finalizzata ad attirare o trattenere i talenti e le competenze. Ma è per i dipendenti che lo smart working è ancora un mondo tutto da scoprire, soprattutto dal punto di vista pratico. Cosa significa in concreto il lavoro agile? Cosa permette di fare? Cosa serve per essere contemporaneamente produttivi e liberi? Se ne parla molto, soprattutto quando si avvicina il periodo delle vacanze scolastiche e le esigenze di conciliazione tra famiglia e impegni professionali si fanno più pressanti. Vediamo allora i consigli per riuscire a lavorare davvero in modalità smart working.
Dotarsi di sedia e scrivania
Banale? Mica tanto: se in ufficio esistono sedie e scrivanie è perché sono strumenti essenziali all’espletamento del proprio lavoro. Quindi no, smart working non significa lavorare a letto o sul tavolo della cucina: serve un luogo idoneo in cui avere la propria postazione di lavoro, utile non solo dal punto di vista pratico ma anche mentale.
Farsi fornire la giusta dotazione tecnologica
Questa dovrebbe essere responsabilità dell’azienda ma comunque serve un computer funzionante e con installati i dovuti programmi per il lavoro da remoto, meglio se la presenza di spazi cloud in cui condividere i documenti e fare sempre backup, e poi uno smartphone, una stampante (ormai ce ne sono di ottime a prezzi accessibili e che occupano poco spazio, se non ci pensa l’azienda) e soprattutto la connessione a Internet a banda larga per essere sempre operativi.
Sì allo smart working, no al multitasking
Ok, spesso il lavoro di ufficio richiede di essere multitasking. Ma lo smart working non significa lavorare e sbrigare le faccende di casa, quello non è multitasking ma dispersione delle energie che ti fa arrivare a sera senza aver combinato nulla. Lo smartworking permette di guadagnare il tempo impiegato negli spostamenti da e verso il luogo di lavoro, di sfruttare la pausa pranzo per stare con i figli o svolgere commissioni personali, ma non significa passare dalla call con il capo a tendere il bucato.
Mettere dei limiti
Smart working non significa disponibilità 24 ore su 24. Se il tempo del lavoro sono le canoniche 8 ore, quelle devono essere e rimanere. Ci sono realtà che permettono di spalmarle e suddividerle come meglio si crede, e altre che sono più rigide nel pretendere la reperibilità negli orari d’ufficio. Ma comunque smart working non significa lavorare anche in quelle ore in cui normalmente si viaggia per andare e tornare dal lavoro. Altrimenti si finisce nel burnout. Piuttosto serve essere più efficaci e imparare a non procrastinare.
Fare la pausa caffè
Non ci sono i colleghi, non c’è la macchinetta, non c’è l’uscita al bar ma una pausa ogni tanto è comunque utile per rifocalizzare la mente, fare un break e ripartire con nuove energie. Perché lo diciamo? Perché la tentazione di non staccare mai per guadagnare manciate di minuti e finire in anticipo è la prima tentazione di ogni smart worker.